CHIESA A CIELO APERTO
Dal 25 settembre 2004, la Chiesa a cielo aperto, è dedicata al primo martire gitano il Beato Zeffirino. Si trova sulla collina, a cento metri davanti alla Torre del Primo Miracolo, sopra il boschetto.
L’insolita chiesa a cielo aperto ha per pavimento la madre terra, per cupola la volta celeste e per orientamento il corso solare. Da questo luogo sacrale, la “Madonna del Divino Amore” presenta ai credenti un martire della guerra civile spagnola che mostra agli sgherri la corona del rosario; un martire che venne fucilato perchè tentò di proteggere un sacerdote, gridando: “Aiutami, Vergine, tanti uomini contro un innocente!”.
La cultura gitana è originalmente estranea al cristianesimo poiché proveniente dall’India. Agli inizi del 1400, sotto la spinta dei Turchi, gli zingari arrivarono nei Balcani, raggiungendo Roma nel 1423 in occasione del Giubileo indetto da Martino V. Per coloro che accolsero il cristianesimo, nella confessione ortodossa e cattolica, l’abituale nomadismo si tradusse anche in devoto pellegrinaggio.
Rispettando la tradizione nomade il “Santuario degli Zingari” è pensato all’aperto; sancendo il pellegrinaggio devozionale viene collocato nel comprensorio del “Divino Amore”; enfatizzando l’appartenenza etnica è dedicato al martire Zeffirino; rievocando l’eccidio nazista segnala il mezzo milione di vittime nei campi di sterminio. Il beato Zeffirino, lo spazio aperto, il “Divino Amore” riuniscono il tal modo consuetudini storiche, devozione mariana, ingiusta oppressione, testimonianza eroica.
Nell’immaginario zingaro il simbolo della ruota rimanda alla carovana, cosa da indicare l’errabondare nomade di luogo in luogo. Il cerchio, invece, indica l’accampamento, così da ricordare i momenti di sosta nei vari luoghi. Il cerchio è altresì la proiezione del cielo che fa da cupola alla terra, così da evidenziare il condizionamento delle congiunture astrali e, in termini cristiani, della provvidenza divina. La ruota rappresenta poi il movimento ciclico del divenire mortale, ma anche il dispiegarsi salutare dell’azione divina, così da convertire lo scorrere temporale in dimensione spirituale.
L’albero è simbolo dovizioso che si fa metafora umana. Avendo figura verticale indica l’innalzamento dalla terra al cielo. Avendo rinnovabile vitalità, prelude la vittoria della vita sulla morte. Nel contesto cristiano l’albero è simbolo polivalente della resurrezione di Cristo.(cfr. Rev. Prof. Carlo Chenis, SDB, dalla Rivista ‘Chiesa oggi’, n° 72/2005).